19 Luglio 2021

Scrivo poco e male.
Solitamente lo faccio quando sono in preda allo sconforto, vittima delle notizie incalzanti e spaventose.
Scrivo per fare ordine, per razionalizzare le paure e farle diventare inconsistenti.
Scrivo anche per chi è lontano, in un altro paese e si chiede come sia vivere qui al di là di quello che raccontano i telegiornali e quei quattro inutili influencers nazional popolari.

La verità è che siamo abbrutiti e stanchi, ci guardiamo con diffidenza e contiamo sulle dita di una mano gli amici fidati.
Siamo apertamente schierati in due fazioni che non trovano alcun punto di contatto.
Quelli di noi che resistono si muovono ai margini per non dare troppo nell’occhio.
Io a volte temo le reazioni isteriche dei new normals, una mattina sono stata fermata da due donne mentre andavo al lavoro, credevo mi stessero per fare un pippone per via della mascherina (non indossata), in realtà volevano solo un’indicazione stradale.
Non ero pronta, Gezù!, non ero pronta ad essere avvicinata con serenità da due estranee non ostili… mi sono sperticata in spiegazioni dettagliatissime, meglio di un GPS, le ho ricoperte di sorrisi e se non fossi stata in ritardo le avrei portate direttamente io a destinazione…sono rimasta sbigottita per un paio d’ore, non riuscivo a ricordare il contatto ravvicinato e fiducioso di un perfetto sconosciuto.

Com’è la vita da voi? Come vi sentite?

Oggi 19 Luglio quasi tutta l’informazione coraggiosa è stata silenziata, atomizzata e dispersa.
I principali social hanno operato in modo chirurgico, promuovendo lo scientismo esasperato, chiudendo pagine definitivamente, demonetizzando canali, sospendendo account, facendo shadow banning, rimuovendo post, articoli, video di giornalisti, regolarmente iscritti all’albo, in modo completamente arbitrario.
Recuperare le informazioni disperse in mille rivoli è diventato notevolmente più difficile e di conseguenza frustrante.
Mi sono disintossicata da questa ricerca spasmodica per una decina di giorni, quando il mio telefono ha dato cenni di preagonia obbligandomi a farne un uso minimalista.

Ultimamente mi do un tempo limite in cui leggere ed informarmi, è una forma di sopravvivenza per non farmi sopraffare dallo sconforto.

Dopo la proposta della Francia anche l’Italia minaccia di mettere al bando chi ha scelto di non vaccinarsi operando una discriminazione feroce.
Nonostante il nostro numero esiguo (le statistiche ci danno al 20%), ci vogliono sempre più isolati, sempre più miserabili, segregati dalla quotidianità, stigmatizzati fino a quando non ci saremo omologati.
Forse ci salverà il Garante della Privacy beffando i potenti con la faccenda dei dati sensibili.

Nel frattempo è stata approvata una riforma per cui dal 2025 non potranno più essere installate caldaie a gas.
Per scaldare solo pompe di calore, voi avete provato a scaldare una casa con le pompe di calore?
Noi in ufficio riusciamo a raggiungere i 18 gradi quando siamo fortunati, e vi assicuro che i motori non sono sottodimensionati.
Ma è green, che importa se poi avremo blackout che ci faranno a morire di freddo?

Presentato anche il pacchetto FIT for 55 nome figo per dire in soldoni che tutti quelli che consumeranno energia fossile (dal petrolio al metano) verranno tassati, nella piena consapevolezza che non esistono energie rinnovabili in grado di coprire il fabbisogno mondiale.
Questo significa solo una cosa: neutralità climatica che chi non avrà abbastanza denaro non avrà accesso ai servizi essenziali.
Pensate come sarà tornare improvvisamente al medioevo, quando la benzina arriverà a costare 6 euro al litro, quando il riscaldamento subirà aumenti del 400% (come è già successo in alcuni stati USA), pensateci adesso, pensate a tutti quei benefit che ci tengono nel primo mondo (doccia calda, condizionatori, auto private, biglietti low cost per Ibiza) e che potrebbero rapidamente scomparire perchè improvvisamente troppo costosi per la nostra generazione 1.000 Euro.
Pensateci adesso, non domani, informatevi, leggete, chiedete, fatevi domande adesso, diventate consapevoli.
Non è una visione disastrosa, non è frutto di un po’ di lsd, lo dicono apertamente, senza vergogna.

In questi giorni cade anche l’anniversario del G8 di Genova del 2001.
Ero giovanissima e vivevo già lontana da casa, ricordo che mi fratello spingeva per partecipare alle manifestazioni sull’onda della mini rivoluzione No Global, mia madre si opponeva fermamente, io ero lontana anni luce dalla comprensione dei fatti.

«Vedi» proseguì «abbiamo solo due alternative; o riteniamo che sia tutto certo e reale, oppure no.
Se seguiamo la prima ipotesi, arriviamo alla morte annoiati di noi stessi e del mondo.
Se seguiamo la seconda e cancelliamo la storia personale, creiamo una nebbia intorno a noi, una situazione molto eccitante e misteriosa, nella quale nessuno sa dove balzerà fuori il coniglio, nemmeno noi stessi.»
Carlos Castaneda

Del coraggio

Ho di nuovo mal di stomaco.
In questo periodo ho un dolore tenace che si sposta nel corpo come una pallina da flipper, un paio di giorni staziona nel collo, una settimana nello stomaco, tre settimane nel braccio, un giorno nella fronte.
A volte si posiziona a lungo sulla pelle increspandola e bruciandola.
E’ una presenza costante che in alcuni giorni mi tormenta senza tregua.
Credo sia un modo strambo del mio corpo di ricordarmi che è vivo, in barba alle limitazioni, che ha bisogno di cure e attenzioni, di un minimo sindacale di contatto umano e che non se ne fa niente di un fisioterapista che lo tocca attraverso una tuta da astronauta per paura di morire contagiato.
E’ diventato un corpo sofferente e insofferente.
Me lo sta dicendo in tutti i modi ed io lo ascolto, tutti i giorni, ma posso fare poco.
Sabato lo porterò a mare.
Un giro clandestino è ovvio, ma serve luce, serve aria un po’ più pulita e una parvenza di normalità.

Continuiamo lentamente a perdere libertà e diritti, di settimana in settimana ci sono sempre meno cose che si possono fare, meno colori in questa nazione che lentamente diventa di un unico insopportabile pantone.
Perdiamo grandi diritti e piccoli piaceri in egual misura eppure rimaniamo in silenzio e mangiamo un cono gelato di nascosto.
Ci stiamo abituando a correre a casa entro le 22.00, a videochiamarci, a condividere la password di Netflix, a fare i corsi online, a non toccarci più.
Pensiamo ingenuamente che la nostra vita tornerà come prima, ma diventa sempre più chiaro che ci sbagliamo, che qualcuno non lo permetterà, che giorno dopo giorno ci abitueremo a non avere più niente da fare dopo il lavoro, o probabilmente a non avere più un lavoro.
Probabilmente non avremo più una vita degna di questo nome.

Dio, come vorrei parlare di cagate inutili, delle scarpe da ginnastica che vorrei comprare e lamentarmi dei negozi cari.
Invece leggo, cazzo, leggo tutto quello che mi passa tra le mani, ascolto e cerco informazioni.
Mi sentivo fiera di essere una di sinistra che comprava Left e più tardi Internazionale, mi sentivo inclusiva, moderata, aperta e multiculturale, sognavo un mondo senza confini e senza barriere, io, che non avevo neppure i soldi per andare in Croazia.
Ma questo era il sogno che dovevamo sognare tutti e mi adeguavo sentendomi controtendenza nella mia omologazione.
Sono bastati pochi mesi e quando il velo di Maya è caduto le mie certezze si sono schiantate.
Ho passato molte notti insonni, perchè dover ammettere a se stessi di aver preso un abbaglio tanto clamoroso non è cosa da poco. Rendersi conto dell’imbroglio e ammettere di essere stati ingenui costa fatica.

“Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi di trovare.”
Eraclito

Delle risposte

Sono tornata a casa, ho cambiato il biglietto di Trenitalia e mi sono messa in viaggio per tornare al sud, come faccio da 26 anni a questa parte.
Pagato per un posto in prima classe (unico disponibile nel delirio dei DPCM), viaggiato in una carrozza di seconda con il foglietto appiccicato sul finestrino con la scritta “1”.
Per me il Natale è solo qui, con la mia famiglia claudicante che negli anni è cambiata piano e alla fine è un po’ cresciuta.
Non so immaginarmi il Natale in nessun altro posto.
Solo qui, nella mia casa sgarrupata ma grande, nella mia stanza condivisa con i lettini come quando avevamo 12 anni.
Nella cucina con la finestra grande che si affaccia sugli ulivi. Adesso al mattino si vede il sovescio che è cresciuto fitto ed è come un immenso mare verde pieno di onde morbide.
Io non lo cambierei con nessun altro posto al mondo. Non a Natale.
Mamma ha addobbato l’albero (alla faccia dei disfattisti) e quando andiamo a letto le lucine intermittenti rimangono accese e rischiarano la stanza.

In questi mesi assurdi di divieti e restrizioni in cui non si riesce più a capire cosa si può fare, io ho capito perchè non si può fare più niente.
Mentre tutti litigano parlando di vaccino, di diritto alle cure, di passaporti vaccinali, di mutazioni, di contagi, improvvisamente è diventato chiaro che il vero obiettivo non è il vaccino, ma rimanere vincolati, non liberi, schiavi, eternamente minacciati da una nuova versione virale sempre più letale.
Ogni volta che sembra essere stato superato il limite della ragione e della logica, quando tutti, anche i più ligi sono sul punto di esplodere, ecco che la miccia viene spenta da un pericolo più grave che torna ad attanagliare la mente e a spegnere ogni energia.
La volontà non è quella di guarire, aiutare o sostenere, ma di limitare in un crescendo lento e costante tutta la nostra vita, fino a quando a forza di togliere ogni giorno qualcosa, ci sembrerà normale vivere senza più toccare un altro essere umano.

Ecco, io lo voglio dire, non lo posso accettare.
Non lo accetto e combatto per rispondere con la logica ai divieti insensati che hanno un solo obiettivo annientarci come esseri umani, come spiriti pensanti e amanti.
Quindi passate un Buon Natale, prendetevi cura di voi, camminate, state al sole, mangiate sano, pregate, spegnete la tv e abbracciate le persone che amate davvero, prendetevi tempo per stare con chi vi fa sorridere, siate consapevoli che il momento è solo adesso, non è detto che ci sarà un domani per recuperare.

12 Ottobre – Ancora senza diritti fondamentali

Siamo ancora in stato d’emergenza.
In tutti questi mesi ho continuato a scrivere e a lasciare i post nelle bozze.
Ero presa da una rabbia costante e le parole venivano meno, sembravano non bastare per esprimere la frustrazione, lo sconforto, la tristezza. Scrivevo, ma i pensieri si esaurivano in poche righe, aridi come la terra ad agosto.
Ho ancora quest’arsura, queste frasi stentate e irrisolte, ma la rabbia si è stemperata in una specie di distacco, come se guardassi il mondo dal pianeta vicino e annotassi le stranezze su un taccuino.
All’inizio di questa follia planetaria cercavo di convincere tutti quelli che mi capitavano a tiro dell’assurdità delle scelte politiche, sanitarie ed economiche, parlavo, mi infervoravo, a volte piangevo.
Poi ho smesso quando mi è parso evidente che ero in netto svantaggio rispetto alle litanie mainstream, non sono riuscita ad instillare un dubbio, neppure piccolo, nonostante le incongruenze evidenti.
Quasi nessuno si è fatto una domanda.
Tutti preoccupati per lievito e farina.
Ho controllato il saldo del conto aziendale, ad essere ottimisti abbiamo 5 mesi di autonomia, poi le casse saranno vuote.
Questo mese ho emesso tre fatture.
Della potenza di fuoco prevista in pompa magna da Conte in diretta Facebook abbiamo ricevuto meno di 100 euro di rimborso per l’acquisto di materiale di protezione personale, 100 euro di merda?
Chi ha un’azienda, chi si occupa di acquisti sa esattamente quanto costavano questi materiali quando pareva ci fosse la peste nera per le strade.
Nel frattempo siamo alla vigilia di una nuova serrata, un po’ più subdola della prima perchè saranno previste chiusure settoriali, per esempio i bar li faremo chiudere alle 18:00, i ristoranti alle 23:00. Insomma ce la siamo presa con la movida per niente?
E poi niente sport amatoriale, ti vuoi fare un calcetto con gli amici? Neppure per sogno.
Niente discoteche ovviamente, ma questo è un divieto che insiste da marzo.
Concerti mini, così mini che si riuscirà a pagare a stento il fonico.
Mini matrimoni, mini cene al ristorante.
Speranza, che chiaramente ha qualche problema di socialità, dice che non si potranno neppure fare feste private e che in casa sarebbe meglio indossare la mascherina.
Niente sesso, se proprio non si riesce a sedare gli ormoni, meglio farlo con la mascherina, con le mani pulite, in un posto sanificato, grande e areato.
Insomma nessuna delle case, di noi povera classe operaia, rispetta il requisito minimo dello spazio.
Più fortunati i ricconi che solitamente di spazi ne hanno in abbondanza.
Controlleranno lo stato di famiglia per verificare che tu possa stare in auto con il tuo fidanzato senza la mascherina, e non importa se state andando a casa sua a limonare duro, sarete multati.
Potrei andare avanti, e riempire intere cartelle di divieti e limitazioni che si sono sommate con il passare dei mesi, ma la verità è che mi scoraggia l’indifferenza, l’accettazione muta della perdita di tutti i diritti.
Improvvisamente la salute sembra essere diventato un bene fondamentale. Il bene primario da proteggere a costo della perdita della libertà, del lavoro, della famiglia, dei diritti.

Ma guardando un po’ più da vicino questa smania di protezione “a tutti costi” ci si deve augurare di non ammalarsi di altro che non sia Covid, perchè l’accesso alle cure è praticamente impossibile, con la solita eccezione per i ricchi, che non avranno problemi a pagare una struttura privata.

Quindi di quale salute stiamo parlando esattamente?

Colui che rinuncia alla sua libertà per la sicurezza non merita nessuna delle due.

(Thomas Jefferson)

Mediamente limitata

E’ un periodo difficile.
Piove continuamente, indosso ancora i maglioncini di lana e dopo il lavoro torno dritta a casa senza poter stare un po’ al sole.
Evito di guardare i tg e le notizie sconfortanti dei giornali mi provocano una rabbia sotterranea costante.
La cosa che ultimamente non riesco a sopportare è questa continua, costante, pesante, morbosa, molesta interferenza sulle scelte che una donna può fare.
Ci penso mentre osservo il mondo con occhio critico e annoto mentalmente tutto quello che ci allontana sempre di più dalla parità di genere.
I limiti imposti, più o meno velatamente, alle portatrici del doppio cromosoma X sono infiniti e in alcuni posti del mondo particolarmente difficili da sopportare.
E non voglio parlare di quelle regioni in cui, se sei una donna non puoi uscire da sola per strada a mezzogiorno, dove devi essere coperta come una mummia, o sei costretta a sposarti a 12 anni e non puoi più andare a scuola.
Parlo della vita di tutti i giorni di una occidentale media, mediamente istruita, mediamente ambiziosa, mediamente indipendente.


Esistono una serie di limitazioni frutto della prevaricazione tutta maschile che sono diventati stereotipi e pregiudizi che utilizziamo anche noi donne, in una guerra stupida e inutile che fa solo il gioco di chi ci vuole almeno tre gradini più in basso, mai pari, mai uguali.

abbigliamento: dal colore dei vestiti fino alla lunghezza della gonna il messaggio è sempre lo stesso, femminile ma non troppo provocante perchè altrimenti sei solo una puttana.
trucco: non struccata (che fa scialbo), non troppo appariscente, morigerata altrimenti sei solo una puttana.
lavoro e retribuzione:  ai colloqui di lavoro è necessario rispondere a quelle fastidiose domande in cui chiedono se hai figli, se li vuoi, se sei sposata, che biancheria indossi di solito (ndr).
Metà delle volte è necessario sopportare capi o colleghi viscidi che non risparmiano battute volgari e mani lunghe come se una donna abbia insito nel suo dna il gene della sottomissione e che in fondo è lusinghiero avere qualcuno che prova a infilarsi nelle tue mutande. Non conta se ti piace, conta solo il pisello.
E ovviamente essere ambiziose è visto il più delle volte come un demerito, come un problema incomprensibile, perchè desiderare una condizione economica migliore? Perchè chiedere un aumento? Non è sufficiente lavorare? La regola è accontentarsi.
lavoro e figli: incompatibili. Chi cerca di mantenere in equilibrio i due mondi è spesso vittima di ostracismo e di mobbing, è vietato desiderare troppo, se vuoi dei figli e mantenere la tua posizione lavorativa sei solo una puttana arrivista.
cibo: che sia sesso o cibo il tuo appetito deve essere moderato, in quanto donna devi necessariamente mangiare di meno rispetto ad un uomo, bere con moderazione e disdegnare il cibo spazzatura, in alcune regioni sono previste le porzioni “Lady” che sono più piccole rispetto a quelle standard.
auto: una donna deve normalmente prediligere una utilitaria, non si capisce perchè le possa piacere una berlina o un suv, tanto poi non è in grado di parcheggiare.
relazioni sessuali: nel 2019 la maggior parte degli uomini vuole scopare senza limitazioni e sposare una donna che al massimo abbia avuto un fidanzato, anche due, ma questo verrà rinfacciato per il resto della vita.
procreazione: solitamente gli altri, metà dei quali estranei, decidono per te che è il momento di figliare e ti guardano con un misto di disprezzo e compatimento se hai deciso che figli non ne vuoi.
aborto: al momento gli altri (molto spesso uomini, ma a volte donne purtroppo) ti dicono quando puoi o non puoi interrompere una gravidanza.
In un numero crescente di stati è diventata una pratica illegale, non si può praticare neppure in caso di stupro o incesto.
In alcuni casi il feto diventa portatore di diritti, immediatamente adottabile, svalutando la donna ad una semplice incubatrice che non può più disporre del suo corpo.

E’ come se all’improvviso un uomo non potesse più disporre del suo pene, come se dovesse dare continuamente dare conto di tutti i suoi spermatozoi o fosse obbligato a fare una vasectomia indipendentemente dai motivi e contro la sua volontà. Chi lo permetterebbe?

Ad ogni donna è capitato di trovarsi in una di queste situazioni almeno una volta nella vita, grazie a dio non tutte insieme, grazie a dio ci sono le eccezioni e ci sono uomini che ti guardano come un essere umano di pari diritti, eppure dopo migliaia di anni lottiamo ancora per il minimo sindacale, per affrancarci dalla schiavitù patriarcale, per essere libere di seguire la nostra strada, per essere padrone di sbagliare senza essere giudicate.
E certe volte ci crediamo libere ma siamo sotto l’occhio attendo di qualcuno che finirà per additare il nostro rossetto, la nostra sfacciataggine, il nostro sguardo e saremo solo l’ennesima puttana da ammansire.

E’ sconfortante, certi giorni fa venire voglia di arrendersi, ma non resta che mordere il freno e continuare ostinatamente a cercare di restare fedeli a se stesse, coraggiose nella tempesta, sorelle nelle avversità.